MANTOVA. È sempre stato un bastione invalicabile, ma stavolta si schiude docilmente. Luigi Risi, classe 1944, sorride. Cauto ma gentilissimo. È lui il padrone di casa, è lui che fa entrare la Gazzetta di Mantova, per la prima volta nella sua storia plurisecolare, in quella che dal 1531 al giorno della morte nel 1546, è stata la casa di Giulio Romano, in via Poma 18.
O meglio: la casa che Giulio aveva comprato per trasformarla in un’emanazione di sè, intervenendo sulla facciata e sugli spazi interni. Rendendola un’opera d’arte straordinaria.

«Qui è dove abitiamo - dice subito Risi - e non vogliamo estranei in casa». Messaggio chiarissimo. Ma, come si dice fra noi cronisti in età: portando orgogliosamente in giro il nome della Gazzetta di Mantova si arriva dappertutto.
Eccoci, dunque: l’emozione è fortissima e nient’altro reggerebbe il paragone.
L’androne porta dritto al porticato che Giulio utilizzava come officine: un porticato che affaccia su un bel parco con un fico e un albero di cachi a far da guardia ai resti di due pilastri, segno che i laboratori si estendevano ben oltre il confine attuale. Sulla sinistra, appena entrati dal portone, ecco invece la famosa scala (che svolta a destra: un’anomalia), per costruire la quale in periodo Ottocentesco gli spazi interni erano stati radicalmente modificati.
Lo scalone è sovrastato da un’ampia fuga verticale e si possono indovinare altri livelli che sono stati sacrificati. A metà circa di questa ascesa c’è un fregio con il volto di Giulio Romano. Omaggio moderno? «Ah, noi di sicuro non siamo stati», chiosa Risi, la cui famiglia acquistò l’immobile all’inizio del Novecento. La casa di Giulio Romano è a tutti gli effetti un’abitazione, dove Risi vive con la moglie (la presenza del nipotino è più che evidente nella collezione di camion giocattolo parcheggiati su un pianerottolo). Logico dunque che le porte delle stanze non affrescate rimangano chiuse. Ma c’è una porta che Risi apre con orgoglio: è quella che dà accesso al salone di rappresentanza di Giulio Romano.
La letteratura su questa stanza è amplia. C’è un camino in marmo rosso e ci sono affreschi che rappresentano le divinità greche. Giove, Venere, Nettuno, Minerva, Mercurio. A ridosso del camino ci sono fregi che ci mostrano musici al lavoro.
Un’intera parete è sgombra da affreschi, è quella che si affaccia direttamente su via Poma. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: «Lo vede? - spiega Risi - sotto questo strato di stucco marrone si nota chiaramente un colore verde. È il segno che gli affreschi sono anche qui sotto. Del resto noi stessi, durante i lavori di restauro del 1989 scoprimmo i fregi che ora vede agli angoli alti della parete governata dalla presenza di Giove». Non solo: la parete di Giove gode degli affreschi di splendide colonne che non hanno nulla a che vedere con quelle delle altre pareti: «Evidentemente - dice ancora il padrone di casa - qualcuno ridisegnò alcune di queste colonne, ma le originali si notano eccome».