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Memoria e identità dell'Oglio Po: un appello per i documentari di Bonfatti Sabbioni

Il film-maker racconta il territorio per immagini dal 1990. E avverte: «Materiale immenso, rischia di andare perduto»

Valentina Barbieri
2 minuti di lettura

OGLIO PO. È nato tra l’Oglio e il Po, in quella Mesopotamia padana che si estende tra le province di Cremona e Mantova. Spineda, in particolare, è il paese che ha dato i natali al documentarista Pierluigi Bonfatti Sabbioni. Per l’esattezza lui si definisce un film-maker, cioè colui che i film li fa.

L’arte del fare l’ha imparata dalla natura della sua gente, quando sul finire degli anni Cinquanta ha assistito alla morte della civiltà contadina e all’esodo verso Milano di centinaia di persone che allettate dal boom economico hanno lasciato per sempre la campagna. Lui in campagna ci è rimasto, fedele al suo essere nato tra due province, tra due fiumi, un po’ cremonese, un po’ mantovano, abitando così distante dai due capoluoghi di provincia ma così vicino sia a Casalmaggiore sia a Viadana.

Sempre a cavallo di uno spazio antropizzato che va oltre i confini stabiliti sulle mappe, oltre la geografia fisica molto più aderente ad una topografia sentimentale fatta di luoghi ricchi di intimi significanti. Bonfatti Sabbioni, dopo aver conseguito il diploma da perito tecnico, coltiva la sua passione per il teatro e gode del clima di sperimentazione artistica che caratterizza gli anni Settanta.

Nel 1984 esce il suo primo corto “Flashmatic” girato con la pellicola Super 8mm. Due anni dopo è la volta di “Foglie bruciate” con il quale partecipa al Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino. Sono gli anni dell’analogico e della sua scelta di rimanere fedele alla pellicola. «Ero ambizioso, volevo fare cinema di finzione». Dopo un incontro avvenuto a Milano con Folco Portinari, Bonfatti Sabbioni decide di cambiare definitivamente rotta per dedicarsi al documentarismo.

Da quel 1990, in cui acquista la prima telecamera, comincia a scandagliare la sua provincia. Da quel giorno, da quella promessa fatta a se stesso e alla sua terra, egli si dedica alla conservazione della memoria locale: ricerca, registra, documenta in audiovisivo il talento degli artisti locali, le più sottili piaghe del sociale, dell’ambiente e della cultura. Lo fa con amore, dedizione e con una visione che - nonostante l’apparente frammentarietà delle molteplici voci raccolte - detta una linea di ferrea coerenza: continuare, nonostante tutto, a raccogliere testimonianze che possano significare un territorio.

Bonfatti Sabbioni ha così creato in oltre trent’anni di incessante attività un archivio di contenuti audiovisivi che attraversano tutti i supporti: dalla pellicola al dvd, dalla cassetta al digitale. Ha tenacemente portato avanti una campagna di digitalizzazione di molte di queste testimonianze, fondando cinque canali Youtube di approfondimento: “Arviter” (acronimo di Archivio Video Territoriale Oglio Po), “Terre d’acqua Oglio Po”; “CentrovideoGazzuolo”; “Didatvideo” (canale dedicato ai laboratori per ragazzi promossi dal Sistema dei Musei Mantovani); “Fluartbox” (dedicato invece alla narrazione dei talenti artistici del territorio).

Il documentarista si è inoltre occupato di catalogare oltre duecento fotografie provenienti dal fondo del Consorzio Bonifica Navarolo. È uno degli animatori più ostinati delle attività culturali dell’EcoMuseo Terre d’Acqua fra Oglio e Po con un sogno ancora da realizzare: «Rendere fruibile su un unico portale - spiega Bonfatti Sabbioni - tutto questo patrimonio audiovisivo che rischia davvero di andare perduto. Servono risorse e cultura che riescano a valorizzare tutta questa memoria».

L’appello è stato lanciato, e ora sarebbe bene che in nome della memoria e della conservazione dell’identità locale gli enti pubblici si organizzassero per sostenere questo lavoro che in prospettiva sembra destinato a rivelarsi decisivo. Del resto basta scorrere i titoli dei progetti di Bonfatti Sabbioni per perdersi in un labirinto di storie che meritano la sopravvivenza. E meritano soprattutto di essere divulgati nelle scuole e anche tra gli adulti che magari sono originari di altre terre, anche lontanissime, e che nell’Oglio Po vogliono mettere nuove radici. Anche loro devono sapere com’era la terra che oggi abitano e dove lavorano.

Basta citare, a titolo di esempio, il suo ultimo lungometraggio “Il custode” (realizzato nel 2017) nel quale è coinvolto anche l’attore mantovano Alan Beccari. Il film è un omaggio alla “Città ideale”, cioè Sabbioneta e a don Ennio Asinari, altro incessante indagatore senza il quale non si sarebbe mai arrivati a scoprire la tomba di Vespasiano Gonzaga.

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