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Da Oxford alla Teresiana per studiare i manoscritti e quella musica nascosta

La ricerca del giovane ricercatore mantovano, Giovanni Varelli

Gilberto Scuderi
1 minuto di lettura

MANTOVA. Mille anni fa non esisteva il pentagramma. Le note antiche erano «una notazione che disegnava la melodia» dice Giovanni Varelli, ricercatore mantovano di paleografia musicale all’Università di Oxford, tornato a Mantova con un progetto importante.

I libri di una volta – siamo nel secoli XI e XII – erano di pergamena e poteva capitare che le pagine venissero raschiate per riscriverci sopra. Quello che c’era scritto sotto scompariva. Ma qualche volta non del tutto. Rimanevano tracce, più o meno significative. Il progetto di Varelli, in Biblioteca Teresiana, è di andare a scovare quale musica c’è in alcuni manoscritti, anzi sotto . Di farla riemergere digitalmente, perché i manoscritti devono essere lasciati intatti. In Teresiana è stato allestito un laboratorio con lampade a raggi ultravioletti e infrarossi e macchinari azionati dalla dottoressa Lynda Sayce, di Oxford.

«La tecnica è “multispettrale”, con filtri sulla fotocamera che catturano le informazioni non visibili all’occhio umano» dice Varelli. Quanto raccolto sarà portato all’Università di Oxford per essere elaborato con software speciali. Alcune carte, sotto, potrebbero contenere anche stesure non musicali, e riservare altre sorprese. Ancora non si sa cosa salterà fuori. Certo è che qui si sta parlando delle origini della scrittura musicale in area mantovana, nell’XI secolo. I manoscritti sono arrivati in Teresiana dal monastero di Polirone e si sa che, saecula saeculorum, in ogni monastero i monaci avevano una maniera peculiare di scrivere la musica. Il lavoro è in itinere. Attendiamo i risultati. Il massimo sarebbe, poi, che la musica antica potesse tornare a essere cantata. 
 

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