Ripanti al Carbone: «I libri e la cultura salveranno il mondo»
La scrittrice ospite di Filofestival ha presentato la sua opera “E poi basta”

MANTOVA. Al Cinema Oberdan, del Carbone, l’incontro con Espérance Hakuzwimana Ripanti ha aperto la campagna tesseramento 2020 all’Associazione Filofestival. Espérance – nata in Ruanda nel 1991, cresciuta in provincia di Brescia, vive a Torino – è arrivata a Mantova da Roma. Sono le ultime due tappe di un tour che sta facendo per promuovere il suo libro “E poi basta”, pubblicato dalla casa editrice People. In sala la scrittrice «donna nera italiana» (come dice il sottotitolo del libro), presentata da Simonetta Bitasi, è stata intervistata da due ragazze (Catherine e Vittoria) e due ragazzi (Nadir e Thomas) della redazione di Passports che insieme a lei, con altri, in settembre durante il Festivaletteratura hanno svolto un laboratorio nell’ambito del progetto europeo Read On.
All’Oberdan si è parlato di letteratura. Non di migranti né del genocidio in Ruanda nel 1994 (solo un cenno) ma delle emozioni che la scrittura può dare e dà. Se Dostoevskij scriveva che la bellezza salverà il mondo, Espérance dice che i libri e la cultura lo salveranno. Naturalmente non tutto è così semplice. Prima dell’incontro pubblico, dietro le quinte, la domanda inevitabile, magari scontata, che abbiamo rivolto a Espérance è stata: «Siamo davvero razzisti in Italia?». «Un po’ sì» è stata la risposta, senza indignazione con un inatteso sorriso. Poi, sorprendente: «Dal razzismo si può partire. Se non si dà un nome alle cose non si va da nessuna parte. Negare che esista il razzismo rende la strada più difficile». Allora noi, per difenderci: «Però il razzismo c’è un po’ dappertutto». Espérance: «Ogni paese ha il suo razzismo. Anche le vittime del razzismo possono essere razziste a loro volta. Bisogna lavorare dentro di noi». Il libro di Espérance è molto bello. Subito non si capisce cosa sia. Non un romanzo, non un saggio, non un’autobiografia. Un po’ di tutto, poesia compresa. Il sottotitolo dice che è il “Manifesto di una donna nera italiana”.
Manifesto non solo di Espérance, ma inteso come «un grido di tutte le persone che non hanno le parole adatte», compresa lei stessa alla quale il nostro paese, il suo – come a tanti altri della sua età, senza distinzione di colore di pelle – impedisce di crescere: «A 28 anni l’Italia non mi permette di essere adulta» ha detto. Un modo di vedere le cose lontano dalle solite forme trite con cui si affronta l’argomento. «Una battaglia dura e faticosa» ha detto Espérance. Come dice il suo nome, ha dichiarato di essere «attaccata alla speranza e all’amore».
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