È caccia alla lapide dantesca scomparsa da piazza Sordello a Mantova
Fu posata sulla facciata di Palazzo Castiglioni nel 1965 come omaggio al poeta. Il professor Signorini ora lancia un appello affinchè la targa venga ritrovata
GILBERTO SCUDERIMANTOVA. Caccia alla lapide. Non è un’opera antica, ha 55 anni di età. Non possiede pregio artistico. Il suo valore è culturale, letterario, poetico. Per cura del comitato mantovano della Società Dante Alighieri fu posata nel 1965 in piazza Sordello tra i numeri civici 11 e 12, sulla facciata del palazzo Castiglioni (ex Bonacolsi) nel settimo centenario della nascita del sommo poeta avvenuta nel 1265. Riportava i versi dal 61 al 75 del sesto canto del Purgatorio: «Venimmo a lei, o anima lombarda…» dove alla fine i due mantovani, Sordello da Goito e Virgilio da Andes, si abbracciano. Scena madre. Sordello si rivolge a Virgilio: «O Mantovano, io son Sordello, de la tua terra» e subito «l’un l’altro abbracciava».
A cercare la lapide, e a fare appello a chiunque ne abbia notizia, è il presidente del comitato mantovano della Dante, il professor Rodolfo Signorini. Anche il presidente del consiglio comunale di Mantova, Massimo Allegretti, si sta dando da fare: in Archivio storico (al Centro Baratta) ha rintracciato la pratica (del gennaio 1996, che racconta la storia dell’asportazione) e ne ha istruita una nuova.
«Per ora dobbiamo solo capire cosa c’era, e perché. Poi parleremo al sindaco. Quindi siamo in una pura fase conoscitiva», ci spiega via whatsapp Allegretti. Se non si trovasse la lapide, collocata nel 1965 e asportata trent’anni dopo, l’ipotesi potrebbe essere di inciderne una nuova: il 2021 è l’anno dantesco, l’Alighieri morì nel 1321 e Signorini scalda i motori. La lapide era murata su palazzo Castiglioni, quando un giorno, su suggerimento della sovrintendenza dei beni culturali e architettonici, fu rimossa durante la ristrutturazione della facciata perché disturbava la sua magnificenza. Per metterla lì, nel 1965, si era prodigata la zia del conte Baldassarre Castiglioni, che portava il nome di Beatrice (Bice), sostenitrice della Società Dante Alighieri.
Dopo la rimozione, la lapide fu portata nella torre della corte Castiglioni, a Casatico. Il conte Baldassarre, generosamente, insieme al fratello Lodovico si dichiarò disposto a donare la lapide al Comune di Mantova, ma la donazione non venne perfezionata. In quell’anno non c’era il sindaco ma il commissario prefettizio (lo diciamo solo per dovere di cronaca). L’idea era di ricollocare la lapide, sempre in piazza Sordello ma sulla facciata di un edificio non di pregio artistico e architettonico, nobilitandolo.
La lapide, oggi, nella corte Castiglioni non c’è più, non si trova. Gentilissimo, il sindaco di Marcaria, Alberto Carlo Malatesta, ha aperto la torre e il palazzo, che per il 52 per cento sono di proprietà del Comune: l’edifico è in ristrutturazione, insieme abbiamo perlustrato ogni sala e ogni possibile anfratto, ma niente, la lapide non l’abbiamo trovata.
Con un carrello elevatore il sindaco, insieme all’assessore Gabriele Anghinoni, ha fatto anche rivoltare una lastra di marmo che serviva da soglia (con sopra due blocchi di marmo a mo’ di gradini) per accedere alla porta della torre.
Ma la lastra, una volta girata, era muta: non era la lapide. Il professor Signorini è amareggiato. Dov’è andata a finire? Si sarà rotta? La lapide ha un valore morale e affettivo. Il valore economico si riduce al marmo e al lavoro del marmista incisore. Se non altro, per rispetto verso Sordello, Virgilio e Dante, vorremmo sapere che fine ha fatto.
Il professor Rodolfo Signorini lascia i suoi recapiti: 348 924 9934 e r.signorini@iol.it. Ringraziamo sin d’ora chi parteciperà alla ricerca. —
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