La Storia scritta a penna: affari e affetti di un commesso viaggiatore del 1200
Le lettere ritrovate nel 1957 sono ora in Archivio di Stato. Restaurate grazie ai fondi raccolti da Meglio Mantova
MANTOVA. Storia di un commesso viaggiatore del 1200. Una storia che ci porta indietro nel tempo, fino al Medio Evo, per esplorare i traffici commerciali del tempo: tutto grazie a cinque lettere ritrovate nel 1957 e recentemente restaurate grazie all’associazione Meglio Mantova. Ora i documenti sono custoditi in Archivio di Stato dopo che sono sttai comprati da una famiglia mantovana. È Mara Pasetti, che dell’associazione è stata presidente, a raccontare la storia.
«Le lettere (in origine erano sei, ma una si è persa) furono trovate nel 1957 nell’incavo di una parete divisoria dell’ex negozio Benini al Miracolo, in piazza Broletto. La lingua in cui sono scritte è un’eccezionale testimonianza di un tipo di volgare, da non confondere col dialetto, parlato a Mantova nel XIII secolo. Non dobbiamo pensare che i mercanti di allora non sapessero scrivere in latino che, anzi, padroneggiavano senza errori per averlo appreso con la grammatica e la contabilità: le basi dell’istruzione di ogni mercante di quel tempo».
Tutte le lettere indicano la località in cui sono state scritte, il giorno e il mese, ma non l’anno. «Da molte considerazioni - spiega ancora Pasetti - (interessante studio in G. Schizzerotto, Sette secoli di volgare e di dialetto mantovano, Publipaolini, 1985) se ne è potuta restringere la datazione tra il 1282 e il 1294. Tutte sono indirizzate a Girardo de Tofania e quattro portano la firma di Boccalata de Bovi, una di Zaccaria de Liuzzi».
La società commerciale mantovana costituita tra Girardo e Benedetto de Tofania e Bonaventura e Boccalata de Bovi commerciava in cotone, lana, lino, drappi, stoffe e tessuti, biada, frumento, ferro, ferri da cavallo: «I drappi erano di confezione locale, mentre il ferro proveniva da Brescia».
L’Università maggiore dei mercanti mantovana, dal momento da cui è giunta la prima notizia negli Statuti Bonacolsiani (1310) e fino all’inizio del XVII secolo, fu costituita principalmente dall’arte della lana.
«Una serie di documenti tra il 1291 e il 1328 - prosegue Pasetti - ci parla di un’industria manifatturiera mantovana, un lanificio condotto dal Monastero di Santa Maria del Credario (i canonici regolari di San Marco al Gradaro) che seguiva tutto il ciclo produttivo e anche la vendita del prodotto finito. Poiché spesso mancavano i capitali si ricorreva al mutuo e alle cambiali: la più antica, genovese, risale al 1155, quella mantovana al 1220. Nel 1324 ben trentuno compagnie fiorentine trafficavano regolarmente con Mantova e le merci (tessuti da Milano, Como, Prato, Verona, Mantova, Bologna e Brescia) venivano poi esportate, via Genova, in Oriente, Nord Africa e impero bizantino. Milano e Firenze nel Duecento erano i maggiori produttori lanieri di qualità, le altre città citate producevano un genere più modesto, la mezzalana».
Il nostro scrivano mantovano, Boccalata, era con evidenza sempre in movimento: un commesso viaggiatore a tutti gli effetti. Si può solo immaginare quali potessero essere le difficoltà di un viaggio nel 1200.
«Le lettere che hanno tutto il fascino dei documenti di prima mano - conclude Pasetti - ci informano di come egli sia andato a Bologna passando per Ferrara e come portasse con sé panni di lana e ferro che avrebbe poi commerciato con Venezia e Rimini. Un giorno qui, uno là per fare poi ritorno a casa a Mantova coi soldi, poiché Boccalata ha nostalgia di casa e non dimentica mai di chiudere le sue lettere con un: mandeme a dir se la fameia mia è sana et alegra!». Sono proprio questi documenti, quelli di vita comune, a raccontare con maggiore efficacia la storia, quella sociale ed economica, della città. Documenti che lasciano la curiosità di sapere che faccia avesse Boccalata.
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