In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Così la bella Lina fece innamorare Carducci e Verga tra lettere e scenate

La donna mantovana era moglie di un militare in carriera Dalla relazione con il poeta nacque Gino Piva, sindacalista

Lorenzo Catania
2 minuti di lettura

Nei primi anni Settanta dell’Ottocento, lo scrittore Giovanni Verga, reduce dal successo dei romanzi “Storia di una capinera” ed “Eva” nel pubblico delle lettrici più che dei lettori, frequentava i salotti milanesi sempre circondato da contesse e marchese o da semplici e belle signore come Lina Cristofori Piva, attirate dall’incarnato fra il pallido e l’olivastro dell’artista, dal volto dai lineamenti fini, dai neri capelli ricciuti e i baffi, dall’occhio vivo e dal portamento e il gesto nobili.

Elegante nel vestire, riservato nel contegno, misurato nelle parole, Verga, nonostante il suo essere discreto, aveva fama di uomo galante ed era temuto come un rivale pericoloso. Lo documenta in maniera eloquente una lettera di Giosuè Carducci del 23 aprile 1873 alla sopracitata Lina Cristofori Piva, moglie del militare di carriera Domenico Piva. Il Carducci si innamorò perdutamente della donna, che corrispose alla sua passione, all’età di 36 anni. Lei di anni ne aveva 26. L’amore fra i due durò per un decennio, dal 1871 al 1881, anno della morte della donna, che rattristò molto il poeta. Mantovana di nascita, ma milanese di adozione, donna colta e brillante, quanto ambiziosa e graziosa (ebbe anche altre storie, talvolta con i colleghi del Carducci, come i letterati Enrico Panzacchi ed Enrico Nencioni), Lina Cristofori Piva, ribattezzata orazianamente “Lidia” e soprannominata la “Pantera” per i suoi modi provocanti, conosceva la lingua francese, inglese e tedesca e fu molto importante nella vita del Carducci, perché ebbe il merito di introdurre il classicista poeta allo studio delle letterature e delle lingue moderne. Con Lidia, il Carducci ebbe pochi incontri amorosi, ma in compenso le scrisse circa ottocento lettere che costituiscono il miglior epistolario amoroso ed erotico dell’Ottocento insieme a quello di Ugo Foscolo.

In uno di questi incontri, Carducci si era recato a Milano per trovare la sua musa ispiratrice. Arrivato a Milano, il Carducci, anelante a “l’abbraccio lungo, soave, profondo” e “al bacio supremo” della donna, aveva incontrato in casa di Lidia il Verga in atteggiamento da corteggiatore. Di qui le contumelie del Carducci contro il siciliano nella lettera spedita dopo il ritorno a Bologna all’amica del cuore lontana: “... ora mi torna a mente il cavaliere... il cavaliere, dico, o cavalierino, come avrebbe detto Foscolo, Verga, il quale mette una brutta corona di barone, falsa probabilmente come il titolo che gli presti tu, benigna e gentile complice di falsità, il quale scrive una delle solite invenie di racconti di monastero in romanzo epistolare e che ha il coraggio di lisciarti la mano per far paragone della morbidezza con quella del visino del tuo bambino. Ah stupida bestiola d’un falso cavaliere e in tutto imbecille uomo! E dire che fra i miei rivali, o fra quelli che nel loro audace secreto vagheggerebbero un furto da borsaiuoli su quel che è l’amor mio, e che innanzi a un mio sguardo che li cogliesse nella premeditata mariuleria diverrebbero lividi di paura, ci sarà anche cotesto rifiuto isolano! Un uomo che mette una brutta corona baronale sur una carta da visita e che si lascia dare falsamente del cavaliere e che scrive un romanzo epistolare; e con tutto questo è siciliano, non può essere altro che un vigliacco ridicolo parvenu”. In questa lettera Carducci, utilizzando gli stessi epiteti che la classe dirigente dell’Italia postunitaria dispensava alle popolazioni del Sud, dipinge il Verga come donnaiolo, mariuolo e millantatore e ci offre così un ritratto francamente razzista del letterato siciliano.

Dà libero sfogo alla sua gelosia acuita dall’audace gesto del Verga che liscia la mano della sua amante per fare paragone della morbidezza con il viso del suo bambino, Gino Piva (futuro poeta, sindacalista, corrispondente di guerra e autore di una decina di libri; morì il 30 agosto 1946), partorito il 9 aprile del 1873, frutto segreto della relazione sentimentale che Carducci intratteneva con la donna, alla quale scriveva lettere di intensità straordinaria: “Per te io non sono né filologo né letterato né scrittore, io sono semplicemente Giosuè Carducci tuo servo e suddito, che ti ammira, che ti adora, che ti s’inginocchia, o regina: e a te, a te sola chiama: salve, Regina”.

Lorenzo Catania

I commenti dei lettori