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Gli Arazzi di Raffaello a Mantova: il prezioso ciclo e gli antichi documenti in mostra al Ducale

Fino al 7 febbraio le visite. In una sala i restauratori al lavoro. Le opere furono tessute a Bruxelles verso la metà del 1500

GILBERTO SCUDERI
2 minuti di lettura

MANTOVA. Un gran lavoro. Staccati dai telati, schiodati, arrotolati su tubi per mantenerli morbidi, ripuliti con un microaspirapolvere, ricuciti con filati speciali fatti a Prato appositamente per aggiustate le magagne dei secoli passati e infine srotolati e rimontati: in una parola restaurati a dovere. Sono gli splendidi arazzi tessuti a Bruxelles verso la metà del Cinquecento, che insieme ai documenti nelle teche, datati dal 1511 al 1919, costituiscono la mostra “Raffaello trama e ordito” aperta ieri a Palazzo Ducale, che prosegue oggi per il pubblico dalle 8.45 alle 22.15 (ultimo ingresso 21.15) e poi da domani fino al 7 febbraio.

Gli arazzi di Raffaello in mostra al palazzo Ducale di Mantova



Dei nove arazzi, otto si possono già ammirare: tre nella ex sala Verde del duca Guglielmo, tre nella sala del Leone e due in quella delle Imperatrici: dalla “Pesca miracolosa” alla “Guarigione dello storpio”, ovvero “Le storie dei santi Pietro e Paolo” tessute a Bruxelles intorno alla metà del Cinquecento sulla base dei cartoni realizzati da Raffaello e dalla sua bottega per la serie commissionata da papa Leone X per la Cappella Sistina.

Pare che questi di Mantova, per bellezza, siano superiori a quelli che si trovano in Vaticano. A comprarli dai maestri arazzieri del Brabante fiammingo fu il cardinale Ercole Gonzaga, che con testamenti del 1557 e del 1563 li lasciò in prima battuta al duomo di Mantova e in seconda alla basilica di Santa Barbara, dove rimasero fino al 1780 per essere poi traslocati a Palazzo Ducale.

Nel 1866 gli Asburgo li portarono a Vienna, a Schönbrunn, dove rimasero fino al 1919 quando, alla fine della grande guerra, gli sconfitti austriaci ce li restituirono. Dal 1920, giusto 100 anni fa, sono a Mantova. Gli anni che ci separano invece dalla morte di Raffaello, avvenuta nel 1520, sono 500: la mostra - curata da Emanuela Daffra, Stefano L’Occaso e Michela Zurla - fa parte delle celebrazioni del cinquecentenario. Dicevamo che otto arazzi sono già al loro posto. Manca “La morte di Anania” che si trova nella sala dello Specchio dove la restauratrice Tiziana Benzi è all’opera per fare vedere ai visitatori come si lavora di ago e filo. Questo ieri, oggi e domani. Poi non si sa. Tutto è incerto: il Covid pone un’ombra anche sulla bellezza.

L’arazzo mancante alla parete sarà presto trasportato in laboratorio a Piacenza, per essere ultimato entro giugno e quindi riportato al Ducale.

Nelle teche che accompagnano la mostra ci sono sia i documenti (custoditi nell’archivio del Ducale) riguardanti gli arazzi, sia quelli - prestati dal nostro Archivio di Stato - che attestano i rapporti, a distanza, di Raffaello con Mantova: la Lettera, databile 1519, scritta da Baldassarre Castiglione e indirizzata da Raffaello a papa Leone X (motivo di riflessione sulla genesi del concetto di tutela del patrimonio storico e artistico), i testamenti del cardinale Ercole, la lettera con cui Isabella d’Este chiede a Raffaello che le dipinga almeno un’opera (desiderio purtroppo non esaudito) e altri. Alla presentazione della mostra, ieri mattina in Ducale, oltre ai curatori (Daffra in collegamento telefonico da Milano) sono intervenute Luisa Onesta Tamassia, direttrice dell’Archivio di Stato, e Fiorenza Bacciocchini direttrice della Fondazione Bam, sponsor che ha contribuito al restauro. Mantova Village ha finanziato la Guida alla mostra, un piccolo catalogo stampato da Publi Paolini. 
 

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