Mantova: tuffo nella storia tra damaschi e broccati, Palazzo d’Arco espone i suoi tessuti antichi
Aperte le prenotazioni: il 7 e il 21 novembre gli itinerari guidati con le restauratrici alla scoperta delle ricchezze del museo
GILBERTO SCUDERIMANTOVA. Non c’è da stupirsi se Giovanna d’Arco vestiva alla moda, che allora, tra Otto e Novecento era parigina. Né da meravigliarsi se la marchesa, tramite cataloghi, acquistava per corrispondenza splendidi abiti dalle maison della Ville Lumière e dai Grands Magasins du Louvre. Così è normale che anche lo splendido palazzo dove abitava, a Mantova in piazza d’Arco 4, venisse addobbato in maniera sfarzosa. Quello di circondarsi di belle cose, contornate di altrettante cose belle, oltre che della signora marchesa era un ammirevole vizio di famiglia, esercitato nei secoli. Non solo il contenuto doveva essere bello, ma anche il contenitore, esternamente nell’architettura e internamente sulle pareti. Un tutt’uno che trasmette magnificenza. L’incanto, un tempo riservato a pochi, è ora, per volontà della marchesa che ci ha lasciato nel 1973, disponibile per tutti. La Fondazione d’Arco, col suo museo, provvede a renderci partecipi e padroni di tanta bellezza nei sabati 7 e il 21 novembre, alle 16 e alle 17. C’è però da fare un piccolo sacrificio perché, col Covid che non vuole mollarci, il numero dei partecipanti è limitato e occorre prenotare e acquistare il biglietto di 10 euro sul sito web www.museodarcomantova.it cliccando sul pulsante giallo “Prenota” da cui si accede all’apposito box (info 0376 322242 o info@museodarcomantova.it).
Così i tessuti antichi di Palazzo d’Arco saranno esposti per renderci felici: sabato 7 i tessuti d’arredamento, e sabato 21 i tessuti d’abbigliamento tra sacro e profano (durante questo secondo incontro si potranno ammirare alcune vesti liturgiche e la settecentesca Madonna Vestita esposte nella cappella, eccezionalmente aperta per l’occasione). Cosa facciamo noi oggi quando una tappezzeria non ci piace più? La sostituiamo. E se un vestito è logoro o fuori moda (o se il guardaroba è pieno), lo mettiamo nell’apposito cassonetto per abiti usati.
A meno che sia di stoffa particolarmente pregiata o un ricordo di famiglia. La famiglia d’Arco si comportava come noi. Le tappezzerie delle residenze di principi e signori, come pure le vesti e i parati liturgici, venivano sostituiti quando usurati, oppure cambiati per rispondere alle nuove tendenze di gusto e moda. Solo le stoffe più preziose e ricche venivano conservate oppure reimpiegate per confezionare altri manufatti. Ecco allora che l’atteggiamento consumistico della classe aristocratica ha fatto in modo che panni raffinati fossero presto scartati per essere riutilizzati nel campo dell’arredo o nella sfera sacra. Palazzo d’Arco sorprende quindi per la sua ricchezza, con i tessuti di pregio che accompagnano il visitatore nelle sale arredate, tra tappezzerie sette e ottocentesche, antichi rivestimenti di sedie e poltrone, paramenti liturgici, finissimi reliquari in seta lucente, damaschi, broccati e lampassi che spaziano dalla moda aristocratica all’abito della dimora nobiliare. Filo conduttore è il naturalismo dei decori e dei ricami con un tripudio di racemi, melagrane, tulipani e peonie e le loro cromie vivaci. Gli incontri, curati dalle restauratrici Stellina Cherubini e Annalisa Biselli di R.T. Restauro Tessile di Albinea (Reggio Emilia), si svolgeranno nelle sale del museo con un percorso guidato di osservazione delle stoffe e di narrazione della loro storia.
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