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Ha schivato la banca per avere il disegno: tutto è iniziato con un cavallino

La storia di Giorgio Montorio: il via con Teddy Bob nel 1966. L’investitura arriva nel 1976, chiamato per Diabolik

GILBERTO SCUDERI
2 minuti di lettura

CURTATONE. Nel 1946, quando aveva sei anni, Giorgio Montorio cominciò disegnando un cavallino. Poi i genitori - la famiglia abitava a Mantova in vicolo Chiodare - gli comprarono un “Topolino”: il bambino si innamorò di Paperino e disse a se stesso: «Da grande voglio fare questo mestiere». E infatti lo ha fatto e lo fa: disegna dalla mattina alla sera, inchiostra, pennella, pittura e su in casa e giù in cantina - all’interno dell’Eremo, lasciata la strada per Montanara - ha un harem di carta, che ama dalle prime luci del mattino alla notte, non in senso figurato: Montorio fa colazione e lavora, salta il pranzo, cena presto e poi si tuffa di nuovo negli inchiostri, tra matite, pennelli, pennarelli e colori.

Nato a San Matteo delle Chiaviche il 25 luglio 1940, l’Italia era in guerra da un mese e mezzo, si trasferì a Mantova nel 1945 quando le follie stavano per finire. Del cavallino abbiamo detto. Tra gli 8 a i 14 anni, oltre a Paperino cominciò a copiare a colori Tarzan, Buffalo Bill, Tex, capitan Miki e Pantera bionda. I personaggi sono tutti lì, appesi al muro, in quadri e quadretti che tappezzano l’appartamento insieme alle fotografie dei premi ricevuti. Sui mobili sfavillano le targhe con inciso il suo nome, insieme ai modellini degli eroi dei fumetti, riprodotti in scala, di plastica o altri materiali: Tex e Diabolik i più conosciuti, insieme a nugoli di fate e fatine, con e senza ali.

Alle scuole medie, incompreso, Montorio aveva 4 in disegno. Poi lo iscrissero alle commerciali: pluribocciato, disegnava sui banchi e ovunque poteva. Suo padre voleva che facesse il meccanico d’auto, e siccome il ragazzo non ne voleva sapere, la contumelia consecutiva era: «At sè ’n lasarùn, at gh’è mia vòia ad lauràr!». Trauma: Montorio non ha mai preso la patente di guida. Gli zii si interessarono per impiegarlo in banca. Risultato: rimozione freudiana di ogni documento bancario (se ne vede uno, a Montorio viene un coccolone).

Solo la mamma lo capiva e voleva che realizzasse i suoi sogni: nel 1958 gli pagò il corso di disegno e pittura per corrispondenza e lo mantenne fino alla maggiore età, a 21 anni, quando partì militare, Car a Palermo e poi aviere a Foggia. Sparò un solo colpo di fucile e non volò mai perché i superiori, appena videro come disegnava, subito lo adibirono ai servizi caricaturali: tutti felici di essere ritratti, tranne l’ufficiale addetto alle licenze, che si adombrò della sua caricatura, troppo sarcastica, così Montorio non andò più in licenza. In compenso andò spesso in Cpr, la camera di punizione di rigore, dove gli davano della carta, su cui disegnava. Congedato, continuò: il suo primo fumetto, pubblicato nel 1965, si intitola “Vamp”, una storia d’amore in bianco e nero.

Il primo personaggio da lui inventato, nel 1966, è Teddy Bob, distribuito nelle edicole di tutta Italia. Nel 1968 Montorio trasloca con la madre da via Chiodare in via Cavour. Arriva così il 1976 quando le sorelle Giussani lo scelgono come inchiostratore di Diabolik. Lui e Eva Kant, a matita grassa e magra, a pennello e pennarello imperano sulle pareti, all’Eremo. In un bellissimo disegno, di un altro illustratore, c’è Diabolik che nottetempo assale alle spalle Montorio, che ignaro sta disegnandolo. Non c’è la nuvoletta, ma immaginiamo che Diabolik, prima di strangolare Montorio, gli dica: «Ch’at vegna ‘n fülmin, sèt ancora chì ch’a t’am disegni? Adès at sistemi mi!». Dall’appartamento scendiamo in cantina, foderata di poster e manifesti di fumetti, ovvero taverna dove ogni tanto si stappa qualche bottiglia di lambrusco. Si mesce e Montorio intinge due dita nel bicchiere e acquerella un disegno dandogli una passata color vinaccia.

Mentre su in casa è l’apoteosi dei fumetti alle pareti, nel sottosuolo pulsa l’amore lecito e illecito per ogni forma di carta, da accarezzare con voluttà. La più sensuale è la carta vellutata colorata: sensibilissima, non sopporta errori, si spella e spela alla minima cancellatura.

Il suo contrario è la carta Schoeller durex, «robusta al punto che puoi farle sopra un disegno a china col pennino e raschiarlo via con una lametta, e lei non fa un pelo», dice Montorio, che ancora oggi collabora con la casa editrice Astorina, inchiostrando Diabolik.




 

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