Nell’atelier creativo di Boccadoro a Bardelle Ecco l’arte che regala nuova vita agli oggetti
Nell’ex laboratorio di pasticceria lo scultore trasforma i materiali con tecniche diverse rendendoli originali ready-made di duchampiana memoria
Paola Cortese
SAN BENEDETTO PO. È sul crinale tra i capannoni della zona artigianale e l’aperta campagna lo studio di Romano Mantovani Boccadoro a Bardelle di San Benedetto Po.
«Era un laboratorio di pasticceria – racconta – che una mia cara amica ha messo a disposizione per me. Sono quasi 400 metri quadrati che mi permettono di realizzare le sculture e le installazioni. Nella stagione fredda ci posso stare solo alcune ore perché è difficile da riscaldare anche se c'è sempre molta luce, grazie alle grandi vetrate. D’estate ci sto anche tutto il giorno e ci resto a dormire. Abito altrove, a Villa Garibaldi, dove ho un piccolo studio, e ho anche un altrettanto piccolo laboratorio di vetrate artistiche».
Ci si muove con fatica, nonostante la vastità dello spazio, perché ogni centimetro quadrato è letteralmente intriso della produzione del poliedrico artista, 62 anni, affascinato da tutti i materiali e, soprattutto, dagli oggetti che compra e raccoglie ovunque, trasformandoli come originali ready made di duchampiana memoria.
«Fin da ragazzino ero, e sono, affascinato dal non finito – racconta Boccadoro, come lo chiamano tutti, incuranti del suo vero cognome - per cui lavoro sugli oggetti e sui materiali, poi ci ritorno, magari anche dopo tanti anni. Come ha detto l'amico editore Afro Somenzari sono un “raccoglitore di raccolte”. Mi piace mettere assieme le cose». Ed ecco allora i “Vasi Crisalide”, le “Pitture da viaggio”, le “Celle”, le “Sculture bambine”, i tanti “teatrini” e i libri, ridipinti e riscritti, come pure le “Mappe del mio cervello” tutte opere che denotano l'interesse di Boccadoro per il dentro e il fuori, le soglie tra mondi.
«Il tempo del Covid lo vivo lavorando, giorno e notte, è l’unico modo in cui riesco a sostenere questa situazione assurda - racconta - vivere da artista per me vuol dire stare da solo, sviluppare la mia potenzialità mentale, seguire il mio ideale creativo. In particolare, durante il lockdown di primavera, ho realizzato un lavoro ispirato alle fotografie di Luciano Ferri, sulla pianura padana, la mia, dove sono intervenuto in un gioco di contaminazioni e poesia visiva».
Maestri letterari e reali convivono nell'atelier di Boccadoro tra libri, opere e pensieri.
«Ho fatto il liceo artistico a Mantova e poi un po' di Accademia, a Bologna con Concetto Pozzati, ma soprattutto ho studiato da solo - dice - di assoluta importanza è stata per la scoperta di Hermann Hesse e del suo “Narciso e Boccadoro”, come si può intuire. A seguire, i miei pilastri sono stati la psicanalisi di Jung e di James Hilman, cui si aggiungono le pagine di Borges e i versi di Pasolini e Umberto Bellintani, uno dei mie maestri, con Renzo Margonari». Progetti interrotti a causa della pandemia, come per tutti, e nuove idee in cerca di realizzazione.
«Vorrei che questo spazio, così ampio e accogliente, una volta liberato un po’ dalle mie opere, potesse diventare un luogo di discussione per gli artisti – conclude – dove esporre lavori di altri e avviare così occasioni di incontro e momenti di confronto tra noi».
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