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Lo stemma asburgico che racconta la storia del castello di Redondesco

Terminati i lavori e tolto il ponteggio, ecco la scoperta. L’aquila bicipite è coronata e ad ali spiegate

M.V.
2 minuti di lettura

REDONDESCO. Il castello di Redondesco rivela nuove e interessanti pagine della sua lunga e avvincente storia, pagine che invitano ad una visita. Infatti l’11 dicembre scorso, sono stati tolti i ponteggi utilizzati dai restauratori per il recupero dell’affresco esterno posto sopra l’accesso carraio della torre di ingresso al castello.

Liberato dalla schermatura delle reti e dei tubi, si è così potuto scoprire e ammirare un nuovo stemma, totalmente diverso da quelli viscontei e gonzagheschi, che decorano le pareti della torre maestra, anch’essi oggetto del restauro voluto dall’amministrazione guidata dal sindaco Massimo Facchinelli.

Un’attenta lettura del nuovo blasone consente di descriverlo, almeno in larga parte, e di proporne con buona approssimazione una datazione. Si tratta dello stemma imperiale asburgico, “d’oro all’aquila bicipite di nero”, coronata e ad ali spiegate, che veniva riprodotto oltre che nei sigilli, nelle monete, nei vessilli, anche sui muri esterni degli edifici pubblici appartenenti al vasto dominio degli Asburgo, nel 1707 si erano impadroniti del ducato mantovano.

L’aquila raffigurata a Redondesco è infatti sovrastata dalla corona imperiale e brandisce da un lato la spada e dall’altro lo scettro; essa presenta al centro del corpo o come dicono gli araldisti è “caricata al petto” da uno scudo, pure coronato, diviso verticalmente in due parti (“partito”), entrambe alquanto danneggiate e lacunose, forse per un posteriore e abrasivo intervento di damnatio memoriae.

Le parti superstiti lasciano tuttavia intravvedere nella metà di sinistra (per chi guarda) un brano di stemma riconducibile all’arciducato d’Austria, “di rosso alla fascia d’argento”, e nell’altra metà un blasone “d'oro alla banda di rosso”, nel quale si può riconoscere l'arme dei Lorena, benché sia stata cancellata la porzione con i tre “alerioni d’argento” (aquilotti bianchi) che ne completavano la composizione.

Altri due elementi di grande interesse ornano lo scudo: la croce di Santo Stefano d’Ungheria e il collare del Toson d’oro. L’ordine reale di Santo Stefano d’Ungheria, che ha come insegna una croce verde, fu istituito nel 1764 dall’imperatrice Maria Teresa d’ Austria (1717- 1780), figlia di Carlo VI, che in seguito al matrimonio con Francesco Stefano di Lorena diede vita alla dinastia degli Asburgo-Lorena. L’ordine cavalleresco del Toson d’oro fu invece istituito nel 1430 dal duca di Borgogna Filippo il Buono e gli eletti cui era concessa questa altissima onorificenza – tra essi anche Ferrante I Gonzaga (1507- 1557) e Vespasiano Gonzaga (1531- 1591) – venivano insigniti con una decorazione formata da una particolare collana da cui pendeva un monile in foggia di ariete d’oro, emblema del mitico e aureo vello (in francese “toison”) di Giasone e degli argonauti.

Nel XV secolo, dopo il matrimonio di Maria di Borgogna con l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, l’ordine del Toson d’oro passò agli Asburgo e in seguito all’abdicazione di Carlo V ne ebbero il gran ministero gli Asburgo sovrani di Spagna.

Nel 1713, tuttavia, con decisione unilaterale, l’imperatore Carlo VI (1685- 1740), degli d’Asburgo d’Austria, si proclamò unico gran maestro del Toson d’oro, creando così un ramo austriaco dell'Ordine, separato da quello spagnolo, e successivamente il Toson d’oro fu quindi introdotto nell’araldica e nell’iconografia imperiale asburgica.

La presenza del blasone di Lorena, del Toson d’oro e soprattutto della croce di Santo Stefano attesta che lo stemma affrescato sul castello di Redondesco fu realizzato dopo il 1764, e con ogni probabilità prima del 1772, anno in cui la pretura di Redondesco che aveva sede nel castello, fu soppressa e aggregata a Castel Goffredo.



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