L’oratorio di San Lorenzo (o dei Rizzini) a Guidizzolo: da quasi otto secoli resiste un piccolo, autentico gioiello
I luoghi dell’anima. ll mausoleo dei conti tra affreschi, graffiti e un tempo l’acqua. La struttura è leggermente sollevata per evitare alluvioni
luca cremonesi
GUIDIZZOLO. Quando si arriva nella campagna di Guidizzolo e lo si vede in fondo alla strada sterrata sembra di essere nella Bassa e non nell’Alto Mantovano Collinare. Ti aspetti il Po lì vicino, dietro la collinetta dove sorge, da quasi otto secoli, l’Antico Oratorio di San Lorenzo. Si tratta di una chiesetta votiva del 1200 circa, edificata però su fondazioni romaniche antecedenti l’XI secolo. Qui, un tempo, c’era molta acqua ed ecco spiegato perché la struttura è leggermente sollevata e si trova, tecnicamente, su quello che resta di una probabile terramare, e cioè villaggi dell’età del bronzo media e recente, appartenenti a una civiltà sviluppatasi nelle aree di pianura dell’Emilia e nelle zone meridionali delle province di Cremona, Mantova e Verona.
La storia di questo gioiello, sconosciuto ai più in collina, ma ben nota ai guidizzolesi, grazie anche al lavoro in questi anni del Centro Culturale San Lorenzo e di molti volontari che qui vi realizzano con costanza, eventi culturali (per capirci, lo scorso anno, in piena pandemia, sono stati oltre 50 le occasioni di divulgazione, oltre a mostre e concerti, qui proposte), è interessante. Prima del 1995, data che lo vede acquistato dal Comune grazie alla giunta dell’allora sindaco Zangobbi (docente, studioso, ricercatore e membro, oggi fra i più attivi del Centro Culturale) è stato la sede di sepoltura dei conti Rizzini di Guidizzolo. Si tratta di una famiglia nobiliare che, a fine 1700, lo acquista e si adopera per trasformarlo nel proprio mausoleo. Non troppo distante dal centro abitato (come è ancora oggi), ma di fatto in campagna, l’Antico Oratorio vene dunque adibito dal conte Luigi a tomba di famiglia. Vengono, dunque, avviati lavori di modifica al piano del presbiterio e, allo stesso tempo - come è ben visibile ai lati dell’attuale struttura - viene alzato il pavimento per creare lo spazio per le sepolture ed evitare, così, di scavare in profondità dove l’acqua sarebbe sgorgata come nei campi e fossi lì vicini. L’ultima Rizzini sepolta qua è Maria, moglie del conte Italo, deceduta nel 1942. Da quel momento comincia la decadenza.
La struttura resta abbandonata tanto che, per evitare saccheggi, viene anche murata la porta. Negli anni ’60 e ’70 Alessandro Dal Prato si interessa alla struttura, e soprattutto agli affreschi. Rinasce così l’interesse per questo luogo che, nel 1995, viene acquisito, con cifra simbolica, dal Comune. Nel 1999 vengono sistemate le tombe, ancora ben visibili. E qui parte un’altra storia che, a sua volta, si biforca. Il ramo principale riguarda gli affreschi alle pareti. Di certo c’è che sono stati realizzati fra il 1490 e il 1510 sopra uno strato d’intonaco che copre quelli originali, sicuramente precedenti a questi ultimi. Ancor più interessante - e lo studio sin qui realizzato lo si deve proprio a Zangobbi - sono i graffiti che raccontano storie che attraversano i secoli di vita di questo luogo. Poi ci sono gli arredi, molti dei quali presenti ancora nell’Oratorio, altri invece spostati nella parrocchiale da dove arriva, per essere protetta dal solito Napoleone Bonaparte, l’Ancona Lignea che rischiava di essere smontata e bruciata per scaldare uomini e cavalli. Oggi, grazie al Centro e all'impegno di Andrea Dal Prato, figlio di Alessandro, l’Oratorio vive e produce cultura.
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