La pala di Tiziano e i punti di domanda nella chiesa di Medole
In Santa Maria Assunta a Medole c’è anche un’opera quattrocentesca di Guido Mazzoni detto il Modanino. La tela superò i secoli e le due Guerre Mondiali ma nel 1968 venne rubata
luca cremonesi
MEDOLE. In provincia, si sa, ci sono tesori nascosti perché questa è la trama della storia che, nel Bel Paese, è passata ovunque lasciando tracce e segni di sé. Così è anche per Medole, comune ai piedi dell’arco morenico dove in piazza Vittoria, nella chiesa dedicata a Santa Maria Assunta, costruita nella seconda metà del XVI secolo (su una preesistente risalente all’epoca probabilmente gotica), ci sono due capolavori. Dietro all’altare maggiore c’è “Il Cristo Risorto appare alla Madre”, pala di Tiziano Vecellio; all’ingresso, nella cappella di destra, c’è invece il gruppo statuario in terracotta del Compianto, opera quattrocentesca di Guido Mazzoni detto il Modanino (o il Paganino), di ispirazione mategnesca, e che un tempo era al convento dell'Annunciata da dove venne trasferito, in modo rocambolesco, a fine ’800.
Due tesori fonte di mistero, di storie, di leggende, con ampie praterie per chi volesse dedicarsi ad uno studio serio e scientifico di questi capolavori. In particolar modo la pala del Tiziano: un autentico caso da manuale del “sembra che” e, allo stesso tempo, del modo di fare tipico italiano. Di certo, su questo capolavoro, c’è poco. Il condizionale è d’obbligo. Tiziano dovrebbe averla terminata attorno al 1554, ma non c’è - ad oggi - alcun documento che lo attesti. Allo stesso modo dovrebbe essere giunta a Medole come dono e riconoscenza del grande pittore per il beneficio parrocchiale, assegnato dal Duca di Mantova, prima al figlio Pomponio e poi al nipote. Anche di tutto questo, però, non v’è certezza. Pomponio Vecellio (1523-1594), ha goduto - questo è risaputo - del beneficio dal 1531 al 1564; ma non risulta aver esercitato le sue funzioni sacerdotali in Medole.
Al suo posto agiva Filippo Scaratti, di cui poco si sa. Neppure del nipote di Tiziano c’è traccia. La pala, invece, c’è sempre stata e fra il 1796 e il 1797, durante la dominazione napoleonica, venne arrotolata e nascosta nel fondale della chiesa. Riapparve, danneggiata, nel 1816 e i medolesi la fecero restaurare dal veneziano Paolo Fabris che, come da tradizione, ci mise un po’ del suo. La tela superò i secoli e le due Guerre Mondiali protetta sempre dai medolesi ma, nella notte fra il 25 e il 26 aprile del 1968, venne rubata. Il 12 maggio la Pala riapparve grazie al lavoro delle forze dell’ordine. A quel punto necessitò di un nuovo restauro che tenne l’opera lontana dalle colline fino al 1971.
Da quel momento si sposterà da Medole solo nel 1974 per la mostra “Tesori d’arte nella terra del Gonzaga” a Palazzi Ducale di Mantova (nel 1935 era stata invece a Cà Pesaro, in Venezia, dove apriva la mostra di Tiziano). I misteri, però, non sono finiti. Il primo riguarda la raffigurazione: la scena, infatti, non è presente nei Vangeli canonici, ma in un apocrifo, e cioè il vangelo di Gamaliele, scoperto e pubblicato nel 1959. Questo potrebbe far pensare a una realizzazione precedente al Concilio di Trento (1545-1563). C’è, però, un secondo enigma nascosto nella pala: il volto del giovane a destra, in basso. Non si tratta di un putto, come gli altri, ma, forse, o di un aggiunta del Fabris, o, azzarda qualcuno, del volto giovane dello stesso Pomponio. Il Compianto e la Pala valgon bene una gita in collina per ammirare due opere tutte da scoprire e sulle quali si può, come un tempo, ancora fantasticare.
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